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Il contributo del Turismo DOP al valore economico e allo sviluppo locale

Christine Mauracher, Professore ordinario di Economia e Politica Agroalimentare all’Università Ca’ Foscari Venezia: le IG producono un effetto volano nel far nascere o consolidare il comparto turistico: ospitalità, ristorazione, vendita di esperienze, soprattutto in aree interne e territori rurali

Il contributo del Turismo DOP al valore economico e allo sviluppo locale
Il contributo del Turismo DOP al valore economico e allo sviluppo locale

Il regolamento europeo 2024/1143 che assegna ai Consorzi di tutela un ruolo chiave nello sviluppo dei servizi turistici, sancisce l’impor­tanza dell’intersezione tra Indicazioni Geografiche e turismo nella creazione di valore economico. Non che la complementarietà tra turi­smo e produzioni di qualità – agroalimentari ma non solo – sia nuova in letteratura o nelle politiche. Occorrono però chiavi di lettura rinnova­te e uno sguardo a grana fine date le recenti evoluzioni della domanda di cibo, la democratizzazione del turismo e le prerogative delle IG. Un inquadramento di dettaglio dei meccanismi che generano valore eco­nomico all’intersezione tra IG e turismo mette a disposizione di opera­tori, policymaker e ricercatori un insieme di logiche a cui attingere per disegnare strategie d’impresa e territoriali. In particolare, consente di avere chiare le opzioni con cui creare economia, occupazione, remu­nerazioni eque dei fattori produttivi, la preservazione dei beni comuni – paesaggio, culture, tradizioni – che differenziano i prodotti DOP e i loro territori.

Il  Turismo e IG come leva per le economie locali

Una prima logica di creazione di valore all’intersezione tra DOP e turi­smo è la generazione di flussi di ricavo per gli attori del sistema dell’ac­coglienza e la differenziazione dei revenue stream per i produttori. Sul primo fronte, quello degli operatori dell’accoglienza, molti sono i casi documentati in letteratura: le IG producono un effetto volano nel far nascere o consolidare il comparto turistico (ospitalità, ristorazione, vendita di esperienze). Si tratta di una logica cruciale soprattutto per aree interne e territori rurali in cui alla produzione di cibo di qualità oggi si oppone una generale tendenza allo spopolamento e alla fuga di giovani talenti. Per le aziende agroalimentari, il turismo nei luoghi della produzione è un canale di reddito aggiuntivo rispetto alla distri­buzione. Non solo è possibile infatti “far pagare” l’esperienza: questa incentiva il turista a comprare sul luogo consentendo all’azienda di trattenere marginalità.

Educare il turista per rafforzare il legame con il territorio

Su un secondo piano, e legato alla sostenibilità nel tempo del valore economico, è utile inquadrare le evoluzioni della domanda sia di pro­dotto che di turismo. La crescente curiosità dei consumatori globali e il successo di molte DOP pone i produttori di fronte a un rischio: un distacco nel percepito comune tra il “brand” (ad esempio Prosecco, Champagne, Parmigiano) e il “sottostante” geografico, la zona di pro­ duzione con tutti i suoi attributi tangibili e intangibili. Il cortocircuito è dannoso per i ben noti problemi legati a frodi, Italian sounding e compressione della marginali­tà dei prodotti “originali” che rischiano di confondersi con alternative standard. Questa confusione, tuttavia, può anche essere spia della necessità di educare fasce di consumatori emergenti e votate all’esplorazione e all’ap­prendimento. Il turismo nelle aree di produzione, in que­sto senso, genera valore economico – quantificabile, se si vuole, sotto forma di premium price riconosciuto al prodotto “originale” in più modi. Il turismo consente al visitatore di esperire direttamente e in modo immersivo (tramite la presenza e l’esperienza) il significato più pro­fondo del prodotto, la mescola unica tra cibo, paesaggio, culture materiali e immateriali. Osservare i produttori al lavoro e i luoghi del produrre consente soprattutto di apprezzare quel “genius loci” che è codificato nei disci­plinari e può essere comunicato in modo coinvolgente e profondo. Insomma: se da un lato la democratizzazione del turismo genera rischio di saturazione di molte mete “agognate”, dall’altra offre ai territori delle DOP la possibi­lità di educare il turista/consumatore, tramite esperienze progettate, eseguite e offerte da operatori dell’accoglien­za, produttori e comunità.

Il turista come ambasciatore delle DOP

Quanto sopra descritto favorisce due aspetti. Il primo è che il turista, nel suo paese d’origine, saprà discriminare, comprare “originale” e influenzare i suoi pari. In secondo luogo, la tendenza sempre più marcata dei turisti a con­dividere esperienze tramite canali digitali – si immagini­no le foto e i video dei paesaggi del produrre, i reel dalle cantine e dagli impianti produttivi, le stories nei ristoran­ti – li rende ambasciatori e amplificatori del messaggio di qualità emesso dai produttori e dai sistemi territoriali. In questo modo, il valore intangibile del prodotto a mar­chio DOP può essere propagato in mercati che stanno co­struendosi una geografia del gusto e del viaggio tramite immagini e suoni legati all’esperienza turistica. Tutto ciò contribuisce ad aumentare la visibilità e la fiducia del marchio collettivo, raggiungendo un pubblico più vasto in modo efficace. Questo incrementa il valore percepito e l’identità della DOP come marchio di garanzia e come sim­bolo culturale. Una DOP visitabile diventa più memorabi­le e distintiva, migliorando il suo posizionamento compe­titivo anche nei mercati esteri.

Esperienze multisettoriali e valore aggiunto per i territori

Vi è una terza prospettiva da cui è utile considerare il po­tenziale generativo di valore legato al Turismo DOP. Ha che fare con la possibilità di offrire pacchetti di “tipicità” per cui pubblici diversi sono disposti a riconoscere prezzi più elevati rispetto alle alternative. Da una parte i territo­ri a vocazione DOP sono caratterizzati dalla presenza di produttori di altissima qualità la cui ricerca di eccellenza e aderenza a disciplinari rigorosi genera domanda di tec­nologie, impianti, servizi, strumenti avanzati. Laddove vi sono produttori di vini di alta qualità spesso si agglome­rano produttori di tecnologie all’avanguardia e fornitori di servizi complementari e competenze sofisticate. Il Tu­rismo DOP, in questo senso, si può intendere anche come turismo “business”, non solo consumer: l’idea che sui territori di produzione delle DOP un operatore del food estero possa trovare ispirazione, tecnologie da comprare e usare nelle proprie produzioni, è tutt’altro che margina­le. Su un piano più “orizzontale”, molto spesso il “genius loci” dei territori IG si manifesta a cavallo di filiere diver­se: la cura e la perizia nella produzione di cibo e bevan­de spesso si accompagna a eguale cura nell’artigianato o nell’industria di qualità – si pensi all’Emilia del food e dell’automotive di altissimo livello. Un turismo interessa­to a un’esperienza differenziata a livello orizzontale offre ai territori la possibilità di comporre pacchetti turistici variegati, multisensoriali e multisettoriali, in grado di ov­viare allo schiacciamento della domanda turistica su po­che attrattive a rischio banalizzazione, standardizzazio­ne e compressione dei margini e dei punti prezzo, tipica piaga delle città affette da overtourism e da monoculture.

Una sfida per il turismo italiano: qualità e lavoro qualificato

Vale la pena evidenziare una sfida pressante sia per la ri­cerca che per le politiche. Il turismo, per una serie di fat­tori storici ed economici, si caratterizza, in Italia più che in altri Paesi, per la difficoltà nell’elevare il valore aggiun­to generato e nel creare lavoro di qualità (ben remunerato e che porta a premio la competenza). Le DOP hanno come caratteristiche genetiche la tensione verso l’elevazione qualitativa di processo, prodotto, lavoro e l’attenzione alla creazione di valore lungo tutta la filiera: se esse diver­ranno i pivot intorno ai quali animare, iniziare o rinvigo­rire il comparto dell’accoglienza, è opportuno che tradu­cano tali tensioni positive nello sviluppo di un comparto turistico adeguatamente qualificato.

A cura della redazione

Fonte: Consortium 27 / N° 02/2025

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