
Una media, nel 2025, di 61 centesimi al litro. Con punte, tra giugno e luglio, che hanno sfiorato i 70 cent per poi ripiegare, a cavallo di Ferragosto, sui 63 cent al litro. Stiamo parlando del prezzo del latte crudo alla stalla quotato alla Camera di commercio di Verona, che fa da riferimento per tutta Italia. Un periodo d’oro per gli allevatori – sono ancora migliaia tra Veneto e Friuli Venezia Giulia – che vedono finalmente remunerato a dovere il loro prodotto, dopo anni, almeno fino al 2021-2022, in cui per un litro di latte spuntavano al massimo tra i 30 e i 35 centesimi, il 70%, 80% meno di oggi.
Calo delle importazioni dalla Germania e dai Paesi dell’Est, numero inferiore di stalle, razionalizzazione dei costi, migliori contrattazioni con la grande distribuzione organizzata: questi i principali motivi per cui il prezzo del latte è salito, toccando oggi livelli mai raggiunti prima.
E proprio il Veneto è tra le prime quattro regioni italiane per produzione di latte, contribuendo per circa il 9% delle consegne nazionali. Più del 50% di questo prodotto viene destinato alla trasformazione in formaggi Dop: dai più noti Grana padano e Asiago fino alla Casatella Trevigiana DOP, che secondo i dati Csqa (Centro di certificazione e qualità agroalimentare) assorbe appena lo 0,2% del latte prodotto nella regione.
Nel dettaglio il 34,9% del latte viene destinato al Grana Padano DOP, l’11,5% all’Asiago DOP, il 2, 3% al Provolone Valpadana DOP, l’1,8% al Montasio DOP, l’1,6%al Piave DOP, l’1,5 all’Asiago DOP d’Allevo, lo 0,8% al Monte Veronese DOP, 0,4% al Taleggio DOP, 0,2% alla Casatella e il 45,1% ad altre decine di varietà meno conosciute.
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Fonte: Corriere delle Alpi