
“Queste Linee Guida – ha detto il sottosegretario Marcello Gemmato – sono uno strumento tecnico-scientifico fondamentale per rafforzare la prevenzione delle infezioni da STEC. Offriamo al territorio un documento aggiornato, condiviso e operativo, con l’obiettivo di proteggere soprattutto i soggetti più fragili: bambini, anziani e persone immunocompromesse”.
Il documento è frutto di un Tavolo tecnico istituito nei mesi scorsi e composto da esperti del Ministero della Salute e del MASAF, dell’Istituto Superiore di Sanità, degli Istituti Zooprofilattici e delle associazioni di categoria per definire misure di mitigazione più stringenti, garantire la sicurezza alimentare e ridurre il rischio di gravi infezioni da Escherichia coli associate al consumo di latte crudo e derivati.
“In estate – continua il sottosegretario – il rischio microbiologico può aumentare, anche per la maggiore produzione di formaggi a latte crudo in contesti montani. Per questo il Governo ha ritenuto urgente intervenire in parallelo al percorso parlamentare di modifica della normativa nazionale”.
La contaminazione di formaggi al latte crudo è un tema rilevante che investe la salute pubblica.
Le linee guida introducono la dicitura “latte non pastorizzato” (e, per analogia, “formaggi a latte non pastorizzato”) per riferirsi a quel latte che non ha subito un trattamento equivalente alla pastorizzazione in grado di eliminare i microrganismi patogeni fra i quali quelli STEC.
Nel caso di formaggi ottenuti da latte pastorizzato il pericolo STEC viene infatti eliminato attraverso il trattamento di pastorizzazione.
“L’esigenza di non pastorizzare il latte prima della caseificazione deriva da motivazioni di carattere storico e culturale e sta alla base di quel grande patrimonio gastronomico rappresentato dalle oltre 400 varietà di formaggi riconosciuti che arricchiscono il nostro Paese”, spiega il documento, che sottolinea la necessità di garantire la sicurezza alimentare e l’esigenza di cercare “il miglior equilibrio tra le dimensioni economica, culturale e sanitaria”.
Per tenere sotto controllo la contaminazione, dunque, “è l’azione combinata di più misure di controllo, dai campi sino alla tavola, che può minimizzarne il rischio STEC, grazie alla corretta applicazione delle buone prassi del settore”.
Le misure di controllo e l’etichettatura informativa
Oltre alle misure di controllo previste in fase di produzione, “viene fortemente consigliata – spiega il documento – l’introduzione di un’etichettatura informativa nei casi in cui non sia possibile garantire una totale mitigazione del rischio.Tale informazione, oltre a essere riportata sul prodotto, accompagna il prodotto in tutte le fasi di distribuzione sino alla vendita o somministrazione al consumatore finale, in modo che egli possa effettuare una scelta di acquisto o di consumo consapevole”.
Questo non esonera comunque l’operatore del settore alimentare dall’applicazione di tutte le misure di controllo previste ma rappresenta “uno strumento di precauzione a tutela del consumatore”.
Il documento fornisce dunque informazioni pratiche sia per gli operatori della filiera alimentare sia per le Asl.
Per il controllo del rischio, le linee guida suggeriscono il monitoraggio regolare della presenza di STEC in allevamento, attraverso l’esame del latte (o del filtro dell’impianto di mungitura); l’igiene di mungitura, per evitare il rischio di contaminazione del latte da parte di materiale fecale che potrebbe contenere STEC; il mantenimento della catena del freddo.
A livello di produzione e distribuzione di formaggi e prodotti lattiero-caseari, il documento suggerisce l’etichettatura e l’informazione al consumatore a livello di distribuzione, per “fornire al consumatore chiare informazioni relative alla natura (e al rischio) del prodotto che sta acquistando o consumando”, con informazioni da inserire in etichetta, o in menù o cartelli, con un’azione complementare rispetto alla campagna informativa da realizzare da parte di Ministero della salute, Asl e produttori.
I suggerimenti comprendono il controllo analitico delle cagliate destinate alla produzione di formaggi al latte non pastorizzato, ad eccezione delle produzioni per le quali è stato validato il processo in relazione alla capacità di eliminare STEC.
Il punto di arrivo del controllo da parte dell’operatore alimentare deve essere, dove possibile, la “validazione del processo di produzione con dimostrazione della capacità di inattivare eventuali STEC presenti nel latte crudo”.
In questo caso non è richiesto l’obbligo di informare il consumatore sui rischi del prodotto. Se invece questo non è possibile, allora servirà la verifica delle cagliate e l’informazione al consumatore sui rischi associati al consumo di prodotti derivati da latte non pastorizzato. (Fonte: https://www.helpconsumatori.it/)