
Le modifiche, presentate inizialmente dalla Commissione europea, hanno l’obiettivo di riequilibrare i rapporti di forza nella filiera agroalimentare.
Il testo, che fungerà da base per i negoziati con il Consiglio, è stato adottato con 532 voti favorevoli, 78 contrari e 25 astensioni, e include l'emendamento proposto dalla relatrice francese del PPE Céline Imart che prevede il divieto di utilizzare termini riconducibili alla carne per i prodotti di origine vegetale. Per l’entrata in vigore delle modifiche servirà ora un accordo con gli Stati membri.
Contratti scritti e organizzazioni di produttori
Gli eurodeputati sostengono che le consegne di prodotti agricoli nell’Unione dovrebbero essere oggetto di un contratto scritto. Tuttavia, propongono che gli Stati membri possano esentare determinati settori su richiesta di un’organizzazione rappresentativa dello stesso.Inoltre, il Parlamento vuole ridurre a 4.000 euro (rispetto ai 10.000 proposti dalla Commissione) la soglia di valore al di sotto della quale gli Stati membri possono decidere che i contratti non siano obbligatori.
Per evitare una concorrenza innecessaria tra modelli produttivi, i deputati si oppongono alla creazione di organizzazioni di produttori biologici.
Definizione più rigorosa degli alimenti di “carne”
I deputati introducono una nuova definizione di carne, descitta come “parti commestibili di animali”, e stabiliscono che denominazioni quali “bistecca”, “scaloppina”, “salsiccia” o “hamburger” siano riservate esclusivamente ai prodotti che contengono carne, escludendo quelli coltivati in laboratorio.Questa decisione ribalta quanto già deliberato a ottobre del 2024 dalla Corte di Giustizia Europea, che in una sentenza affermava: "Qualora non sia stata adottata una denominazione legale, uno Stato membro non può vietare l'uso di termini tradizionalmente associati a prodotti di origine animale per designare un prodotto contenente proteine vegetali".
Etichettatura e commercializzazione
Il Parlamento chiede maggiore chiarezza sull’uso dei termini “giusto”, “equo” o equivalenti per i prodotti agricoli e propone che i criteri per consentirne l’inserimento in etichetta includano il contributo dei prodotti allo sviluppo delle comunità rurali e alla promozione delle organizzazioni di agricoltori.Si chiede inoltre che l’espressione “filiera corta” sulle etichette o nella pubblicità sia riservata ai prodotti realizzati nell’UE con un numero limitato di intermediari tra agricoltore e consumatore finale, scambiati su brevi distanze o in tempi ridotti.